venerdì 10 luglio 2015

Apologia della "Sapientiae Christianae" nel tempo dell'autodistruzione



di Tommaso Romano

Nel giorno della consegna della falce e martello con pseudo forma di croce al Papa (stupito?!) da parte del dittatore boliviano Morales, nel giorno della definitiva approvazione della pessima legge sulla scuola Giannini-Renzi, nel giorno della (non definitiva…) condanna al corruttore di deputati, ho riletto un Enciclica del 10 gennaio 1890 di Papa Leone XIII, pontefice non certo modernizzante (come sostengono alcuni zelanti perfettisti) dal titolo “Sapienteae Christianae”, scritta con un linguaggio chiaro, coerente, diretto che seguiva in continuità l’insegnamento di Pio IX e il Vaticano I e anticipava San Pio X e il suo Magistero antimodernista. Lo stesso, in corrotto Magistero che troviamo, in linea dottrinale coerente, fino a Pio XII.
Prima di qualche considerazione sull’Enciclica leonina (del Papa cioè che non scrisse solo la pur superba “Rerum Novarum”) alcune semplici domande da un semplice cattolico – pieno di peccati e di errori – non “adulto” e non progressivo, e vorremmo che qualche Galantino ci rispondesse: l’insegnamento magisteriale della Chiesa (non di singoli, a volte riprovevoli, comportamenti) fino a Pacelli e da riporre definitivamente in qualche archivio del tempo andato? A questo Magistero qualche radice e valore non solo se riferito al tempo storico? (se così fosse, l’Enciclica di Francesco sull’ambiente come potrebbe considerarsi se non un documento sociologico e quindi interpretativo e privato e certo non altro che un contingente atto pastorale di indirizzo come avvenne per gli Atti del Vaticano II, pastorali appunto, così definiti non da un cardinale Siri o Ottaviani, ma da allora cardinale Ratzinger, poi Benedetto XVI, ancora felicemente vivente e parlante – bene – di musica sacra). Ancora la Chiesa bimillenaria voluta da Cristo stesso con Pietro primo Pontefice, a forse errato sempre, insegnando le cose che ha insegnato al popolo cristiano ancora sano e saldo grazie all’ortossia degli insegnamenti sulla fede dei padri? Se non è così, come io credo invece col Credo del Concilio di Nicea, allora le cose stanno in questo modo: o si riconosce per vero un insegnamento assistito dallo Spirito Santo per due millenni sempre e che si vivifica nel tempo alla luce e al fondamento della tradizione, o quell’insegnamento è parziale ed è da intendersi storicisticamente e quindi non interamente vero, parziale, superabile secondo liberale antropocentrismo. Per tali elementari sillogismi (non ho una Fede “adulta” ed emancipata come tanti Marx, il cardinale tedesco intendo molto più avanzato di quel tale “ebreuccio” di Treviri, per usare le parole di Giuseppe Tomasi di Lampedusa) o la Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana è nata cinquanta anni fa, insieme al fumo di satana che vi si è introdotto (Paolo VI) e, quindi, tutto quanto appartiene al prima è verbosa, inutile anticaglia e conseguentemente tutto ciò che viene dopo è verità (relativistica?).  Qualcosa non quadra alla logica, al retto sentire.
Se si spezza la continuità non solo storica ma dottrinale, il rischio che stiamo correndo è la deriva, che il modo invece tanto ama da applaudirla conformandosi così alla deriva stessa.
Dai padri ai Santi Agostino, Bonaventura, Tommaso d’Aquino, passando per i Santi Tommaso Moro, Pio V, Bellarmino arriveremo alla costanza della Fede professata nell’unica fedeltà che Papi e Vescovi, per primi dovrebbero avere e continuare ad insegnare: quella a Gesù Cristo.
Come dice Piero Vassallo noi non crediamo alla “vacanza” dello Spirito Santo né a quella di ieri né a quella di oggi e non siamo sedevacantisti. Siamo sempre rimasti dalla parte della tradizione e per la verità soprattutto seguendo il monito di Gesù Cristo nella Chiesa, anche quando non era umanamente più giusto stare ad Econe (che tante giuste cose diceva e dice) ventisei anni fa.
Ma siccome egualmente crediamo nelle Profezie e nell’Apocalisse giovannea che questo tempo ci propone in atto e, se è vero che non prevalebunt e altrettanto vero, perché è scritto ed è verità di fede, che questo è il tempo ultimo e degli ultimi (senza conoscerne ovviamente le umane date) prima della Restaurazione e della Parusia per i Salvati.
Leggete Giovanni, cari cristiani adulti senza le lenti deformanti della vostra albagia.
In tanto ripropongo l’Enciclica di leone XIII, attualissima come ogni autentica profezia ed insegnamento. Tutto il contrario, nello spirito e nella lettera, dell’odierno “politicamente corretto” discorrere di Fede, alla luce dei corruttori segni dei tempi.
A cominciare dalle considerazioni pontificie  che Leone XIII fa sulla guerra a Dio a cui si vota il mondo con i suoi mentonieri maestri “che prometto agli altri la libertà, mentre essi stessi sono schiavi della corruzione”(Pt. I, 19). Quanto “più grandi sono i progressi che riguardano la vita corporale, tanto maggiore è il tramonto dei valori che riguardano l’Anima” scrive Leone XIII e, ancora, “è un atto di empietà abbandonare l’ossequio a Dio per soddisfare gli uomini”.    
Inoltre “se le leggi dello Stato dovessero essere apertamente in contraddizione con il diritto divino; se dovessero essere ingiuriose verso la Chiesa, o contraddire i doveri della religione o violare l’autorità di Gesù Cristo nella persona del Papa, allora è doveroso resistere ed è colpa ubbidire; e questo si collega al disprezzo verso lo Stato, perché si pecca anche contro lo Stato quando si va contro la religione.” .
Dal che dice il Papa “appare chiaramente che se leggi umane dovessero stabilire qualcosa di contrario all’eterna legge di Dio, sarebbe giusto non obbedire”.
Per finire, meditando vorrei che qualcuno con me riflettesse rispetto a questi ammonimenti:Cedere all’avversario o tacere, mentre dovunque si alza tanto clamore per opprimere la verità, è proprio dell’inetto oppure di chi dubita che sia vero quello che professa” e , quindi, “ ne consegue che qualunque cosa certamente rivelata da Dio deve essere accettata con pieno ed eguale assenso:”negare Fede ad una sola di queste, significa rifiutarle tutte”.
Resistere, allora, allo Stato che impone leggi antinaturali e anticristiane (e se il caso a qualche maggioranza di Sinodo) radicando nell’animo ciò che Paolo chiama “prudenza dello Spirito”(Rm. 8,6) l’aurea via di mezzo, “propria di ogni privato, che nel governo di se stesso segue i dettami della retta ragione”, il “bene personale di ciascuno”.
A questo deve mirare la resistenza interiore, la professione – senza se e senza ma – al Cristo Crocifisso e risorto per noi.


                           

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.